La mia ricerca esplora tematiche progettuali in continuo divenire, legate alla costruzione e alla distruzione, ai meccanismi psicologici e sociali che accompagnano il fluire e il fare dell’uomo.
Nel mio lavoro trasformo l’instabilità, inizialmente vissuta come dramma, a condizione di normalità, e poi in bisogno, in necessità.
Cerco nuovi punti di vista sulla quotidianità, su ciò su cui normalmente non ci soffermiamo per produrre in chi partecipa o assiste, una vibrazione, un interrogativo che riporti l’uomo al suo essere consapevole.
Il mio lavoro consiste nel mettere in atto un processo “installativo”, un movimento, una costruzione sia che si tratti di pittura, di composizione ambientale, di performance o di video, per poi creare un’interruzione, un colpo, un distacco. L’opera si crea nella risonanza, nell’eco generato da queste azioni.
Restituisco un’opera aperta, che mantiene le caratteristiche assimilate dal writing e dalla street art: l’indifferenza per la durata dell’opera nel tempo e la consapevolezza della sua precarietà, della sua inevitabile trasformazione e fin della sua distruzione; una certa insofferenza per legalità, estetismi e formalismi; l’attenzione dirottata dall’opera come prodotto finito all’operare che la precede.